Pedagogia: La cura dell'infanzia e la "pedagogia povera"



DIVERSE INFANZIE A CONFRONTO


Dall'inizio del 19esimo secolo, l'interesse per l'infanzia riflette un'attenzione per il bambino e la sua educazione molto più complessa rispetto ai secoli precedenti. Attraverso Rousseau, Pestalozzi e Richter si scopre un'età da crescere attraverso la dimensione affettiva e da correggere amorevolmente. Allo stesso tempo però i tassi di mortalità infantile continuarono ad essere molto alti, ed erano incrementati anche il fenomeno dell'accattonaggio e del vagabondaggio. Un altro fattore di rilievo e di novità è costituito dall’interesse del mondo della medicina, che prospettò nuove pratiche educative, ovvero maggiore attenzione alla crescita fisica e condizioni più igieniche. In seguito anche alla nascita del lavoro femminile extra casalingo, comparvero in varie parti d'Europa, molte iniziative educative e assistenziali. L'infanzia era vista infatti come età da proteggere tramite la moltiplicazione delle scuole infantili. 



FERRANTE APORTI E L'EDUCAZIONE INFANTILE 


Le prime iniziative scolastiche destinate all'infanzia furono avviate in Inghilterra e Francia. Nel 1816, l’industriale e filantropo, Robert Owen aprì una classe in cui si insegnavano i rudimenti del sapere: storia naturale, geografia, marce ritmate, danze e canti. Il suo esempio fu seguito anche a Londra dove le scuole disponevano di un cortile per giochi ed esercizi fisici, ai bambini piccoli insegnavano l'alfabeto sotto forma di gioco e ai grandi davano lezioni di scrittura e di calcolo. Il programma di queste scuole fu raccolto da Samuel Wilderspin in un manuale che venne tradotto in diverse lingue. Anche a Parigi si registrarono delle iniziative con le indicazioni più adatte all'infanzia e così in tutta Europa vi era una forte attenzione verso la prima età. 



Il principale artefice italiano della pedagogia infantile fu Ferrante Aporti, il quale ripose molte speranze nella formazione precoce dei bambini piccoli. Dal suo punto di vista, molte delle difficoltà incontrate nelle classi elementari erano causate dalla mancanza di un'adeguata preparazione prescolastica o dalle cattive abitudini acquisite in famiglia. In seguito alla lettura del manuale di Wilderspin, decise di creare un'anticipazione della scuola elementare, destinata ai bambini tra i due anni e mezzo e i sei anni. Aporti attribuì forte importanza all'insegnamento religioso posto alla base dell'educazione morale e alla valorizzazione del "forte spirito imitativo" dei bambini a quali vanno presentati modelli esemplari. Aporti fu molto attento all'impiego appropriato della lingua e insistette con forza sulla pulizia e sulla cura del corpo, degli abiti e dell'alimentazione sana. La proposta di un'apposita istituzione educativa per l'infanzia a quel tempo era fortemente innovativa e appunto per questo il modello di Aporti si diffuse presto. 



FRIEDRICH FROEBEL E I GIARDINI D’INFANZIA


Secondo Froebel il bambino non era più solo da alfabetizzare e custodire, ma ad esso si riconosceva anche il diritto di giocare e di apprendere attraverso il gioco. Dopo aver trascorso un periodo accanto a Pestalozzi come assistente, aprì nel 1817 la sua prima scuola. Nel 1840 diede al suo istituto il nome di Kindergarten, ovvero giardino d'infanzia per rimarcare la differenza rispetto alle altre scuole del tempo. Nello stesso anno stampò anche un saggio nel quale esaltò l'opera educativa della donna e l'amore per i bambini, sostenuto dalla conoscenza e dal rispetto delle leggi della crescita naturale. Secondo Froebel lo scopo dell'educazione è la conoscenza della natura nella molteplicità delle sue forme e delle sue configurazioni. L'educazione quindi deve essere un sostegno per l'autorealizzazione personale e deve sperimentare il senso divino nella realtà della natura.

Lo studioso fa riferimento all'educazione naturale di Rousseau e su questa basa la sua proposta di educazione infantile nei termini di un “giardino". 


Il gioco fu concepito da Froebel come il baricentro dell'educazione infantile e viene visto come uno strumento per favorire l'espressione in maniera creativa. Su questa base si sviluppò anche l'idea dei "doni" ovvero di giocattoli dotati di un potere simbolico in grado di far intuire al bambino le leggi che governano il mondo.

ES: Il primo dono era rappresentato da una palla elastica alla quale venivano associate delle specifiche attività pratiche. Padroneggiando la palla il bambino familiarizzava con le proprietà fondamentali dei corpi. 

Il secondo dono consisteva in una sfera e in un cubo di legno e tramite questi oggetti si dimostrava al bambino l'armonia che governa ciò che apparentemente è contrario: la stabilità e l'instabilità

Il terzo era costituito da un cubo diviso in 8 piccoli cubi. 

Il quarto in un altro cubo distribuito in tavolette di spessore e lunghezza diverse e questi avevano il compito di fare "vedere dentro" al bambino e di manipolare oggetti grandi e piccoli. 


Il suo progetto di educazione infantile sembrava troppo innovativo, infatti soltanto qualche anno dopo i kindergarten conobbero migliore fortuna e si diffusero in tutta Europa e negli Stati Uniti. 



LE INIZIATIVE PER I "GIOVANI POVERI ABBANDONATI"


Molte attenzioni furono riservate anche ai fanciulli soli e abbandonati, vagabondi, senza famiglia e in cerca di fortuna, solitamente in cerca di un lavoro. Con l’incremento della popolazione masse di ragazzi erano spinti a trasferirsi dalla campagna alla città in cerca di un lavoro e sempre più frequenti però erano i furti, le risse, la prostituzione e la richiesta di elemosina. In campo religioso nacquero scuole, asili, orfanotrofi. In campo laico ebbero molto successo le iniziative avviate dai gruppi mazziniani, quelle intraprese dalla massoneria attraverso le società laiche di mutuo soccorso e le leghe per l'insegnamento e l'educazione. Il mondo cattolico era spinto da zelo pastorale: l’obbiettivo era la salvezza dell'anima ed era concepita come un tutt'uno con la formazione del buon cittadino. Il punto di vista educativo degli animatori delle esperienze laiche invece puntava sulla valorizzazione delle potenzialità dell'individuo e sul suo desiderio di riuscita e successo. 


Le pratiche educative erano predisposte in modo pratico così da rispondere alle esigenze dei ragazzi: assistenza materiale, ospitalità, istruzione e avviamento al lavoro. L’idea preventiva era quella: “meglio educare al bene piuttosto che reprimere al momento dell’errore", si traduceva in un'autorità esercitata talvolta in modo rude e nel prevalere dell'interesse generale su quello personale. 

L’approccio preventivo era inoltre affidata alla diffusa consuetudine di premi e castighi e soprattutto alla capacità dell’educatore di rappresentare una figura esemplare di adulto.


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